La storia di internet è costellata di cambiamenti epocali che hanno rivoluzionato il modo di comunicare e condividere informazioni. Oggi ci troviamo in bilico tra il web 2.0 e il web 3.0, ma cosa rappresentano esattamente? E come si è evoluto internet negli ultimi decenni?
In questo testo analizzeremo le origini di internet, dalla sua nascita in ambito militare fino alla creazione del World Wide Web. Ripercorreremo le tappe che hanno portato alla nascita dei social network e all’avvento degli smartphone.
Vedremo come i big data e l’intelligenza artificiale stiano plasmando il nostro futuro, tra opportunità e rischi. E capiremo il potenziale rivoluzionario della blockchain e della decentralizzazione per risolvere alcune criticità odierne.
Un viaggio attraverso la storia recente della più grande invenzione dell’umanità. Per comprendere da dove veniamo e intravedere dove stiamo andando. Continua a leggere per saperne di più!
Indice dei contenuti
Il Web 3.0: scopri cosa è e come funziona la nuova fase di Internet
Il “web 3.0”, o il web semantico, è una versione del web che utilizza l’IA per comprendere e rispondere alle richieste degli utenti in modo più efficace e personalizzato. Questa evoluzione del web è resa possibile grazie all’analisi dei big data, che fornisce intuizioni dettagliate sul comportamento degli utenti e consente di prevedere le loro esigenze e preferenze.
Web 3.0: un concetto che suscita curiosità e intriga, ma che allo stesso tempo risulta ancora avvolto da una certa nebulosità. Approfondiamone l’essenza, la storia e il funzionamento.
Web 3.0 e Web 2.0 sono termini che individuano due distintivi periodi storici dell’evoluzione di Internet. Attualmente, ci troviamo in una fase transitoria tra queste due ere. Ma come siamo giunti a questo punto? E soprattutto, qual è il vero significato di queste espressioni?
La nostra quotidianità è ormai intrisa di Internet, un elemento che diamo ormai per scontato e che permea ogni aspetto delle nostre vite. Eppure, non tutti sono a conoscenza delle sue radici. Originariamente, Internet era un prodotto utilizzato esclusivamente in ambito militare, sviluppato durante il periodo della Guerra Fredda, e in particolare, a seguito del lancio dello Sputnik nello spazio. Fu allora che il Ministero della Difesa statunitense decise di investire ingenti somme di denaro per lo sviluppo di nuovi strumenti di comunicazione.
Inizialmente, il progetto fu assegnato al ricercatore Paul Baran, per poi essere affidato a un gruppo di ricerca denominato ARPA. Tra il 1967 e il 1972, l’ARPA realizzò il primo network utilizzando le reti telefoniche dell’epoca. Tuttavia, questo network serviva esclusivamente per collegare e mettere in comunicazione i ricercatori e gli studenti che lavoravano al progetto. Era, per così dire, un network chiuso.
Nel 1973, ARPA diventò ARPANET e Internet divenne un network pubblico, non controllato da nessuno. Nello stesso anno fu creato il protocollo TCP/IP. Dopo molti anni di sviluppo, nel 1992, la National Science Foundation decise che Internet doveva cessare di essere un servizio statale e che doveva diventare un servizio pubblico, gestito da aziende e fornitori dedicati. Fu allora che nacquero i primi fornitori commerciali di Internet, tecnicamente conosciuti come ISP.
Questo cambiamento fu fondamentale perché, insieme all’invenzione del World Wide Web, segnò l’inizio della seconda fase di Internet, ovvero la sua commercializzazione. Fu proprio grazie a un singolo ricercatore del CERN, Tim Berners-Lee, che fu inventato il WWW. Nel 1994, infine, fu introdotto il primo browser, Mosaic, che rappresentava esattamente la copia di Netscape.
Netscape è stata la prima azienda pubblica delle .com, e ha dato vita a quella che oggi è conosciuta come la bolla delle .com. Tuttavia, allo scoppio della bolla nel 2000, l’opinione pubblica divenne molto scettica sull’utilità di Internet, considerandola una moda passeggera e senza futuro. È sorprendente pensare che solo il 6,7% della popolazione mondiale avesse accesso a Internet in quel periodo, soprattutto se paragonato a quanto Internet sia diffusa oggi, vent’anni dopo.
Nonostante la bolla e il conseguente fallimento di molte aziende, gli avanzamenti tecnologici raggiunti in quel periodo sono rimasti fino ad oggi. Questo è un modello ricorrente nella storia: durante la corsa all’oro, ad esempio, non furono i minatori a diventare ricchi, ma coloro che fornivano gli strumenti necessari per l’estrazione, come picconi e pale. Allo stesso modo, l’avanzamento tecnologico portato dalle criptovalute rimarrà, indipendentemente dall’andamento del mercato e dall’evoluzione di ciascuna valuta digitale.
Il Web 3.0: L’evoluzione del mondo digitale e il dominio delle grandi multinazionali
Il decennio che va dal 1990 al 2000, proprio quello immediatamente precedente alla bolla delle dot-com, ha visto la nascita di alcuni elementi chiave che hanno segnato la storia di internet. In primo luogo, viene creato il protocollo HTTP, le API vengono implementate e utilizzate dalle aziende pubbliche, e infine, Ward Cunningham inventa le pagine Wiki.
Le pagine Wiki rappresentano un punto di svolta fondamentale nella storia di Internet, poiché cambiano il paradigma delle pagine web, che si trasformano da sola lettura a lettura e scrittura. Con questo cambiamento, gli utenti iniziano a produrre e scrivere contenuti non per scopi commerciali, ma per intrattenimento e informazione.
Parallelamente a questa apertura al pubblico, ingenti somme di denaro vengono investite nella ricerca, principalmente con l’obiettivo di migliorare e rivoluzionare lo scambio commerciale, che porterà all’invenzione dell’e-commerce. In appena 15 anni, dal 2004, il panorama del web cambia radicalmente: le immagini diventano protagoniste, i social media “abbattono la quarta parete” e il web si sposta sui dispositivi mobili.
Con la diffusione globale di Internet, anche la criminalità trova un nuovo campo di azione: truffatori e altre realtà criminali iniziano a operare online. Ma oltre al pubblico, ai criminali e alle aziende, Internet diventa anche un territorio di controllo per enti governativi e multinazionali. Non è un segreto che l’NSA, l’Agenzia di Sicurezza Nazionale statunitense, e il governo cinese, utilizzino Internet per monitorare e influenzare l’opinione pubblica.
Parallelamente, le cosiddette “Big Five” del settore tech, come Google, Facebook e, in parte, Yahoo, sfruttano Internet per trarre i loro profitti. Il segreto del loro successo risiede nel capire che gli utenti non sono disposti a pagare per i servizi di base come la ricerca di informazioni e l’invio di email. Di conseguenza, diventano il prodotto i “Big Data”, con una fusione quasi totale tra l’utente e il mezzo di comunicazione utilizzato.
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La consapevolezza della dipendenza totale dai servizi offerti da questi giganti della tecnologia si è manifestata chiaramente solo quando questi servizi sono andati offline. Un esempio è il crollo di Instagram, che ha generato un senso di panico tra gli utenti. Questo evidenzia una dipendenza totale tra noi e il nostro mezzo di comunicazione, e soprattutto tra noi e poche multinazionali.
Gli altri membri delle Big Five, Apple, Amazon e Microsoft, esercitano un controllo meno invasivo rispetto a Google o Facebook. Questo perché vendono un prodotto che gli utenti riconoscono: è uno scambio commerciale, una dinamica già nota nel mondo reale. Il Web 2.0, così come lo conosciamo, ha quindi completamente trasformato il panorama digitale e il modo in cui interagiamo con esso.
Il Web 3.0: decentralizzazione e intelligenza artificiale, le innovazioni per il futuro del web
Il nostro modo di vivere, come dimostrato dal Web 2.0, presenta alcune criticità, tra cui un monopolio, un controllo governativo e una dipendenza eccessiva tra noi e i mezzi di comunicazione che utilizziamo. Il Web 3.0 nasce proprio per risolvere queste criticità. Se il Web 2.0 è stato definito dagli smartphone, dai social media e dal cloud, il Web 3.0 porta con sé tre innovazioni principali: la decentralizzazione, l’edge computing e l’intelligenza artificiale.
La decentralizzazione è vista come la risposta alle criticità del Web 2.0. Le organizzazioni di finanza decentralizzata (DeFi) sono determinate a rompere questo monopolio e stanno facendo sentire la loro voce. La proposta tecnologica portata dalla DeFi è quella di spostare i pagamenti e quindi tutto ciò che è finanziario su una rete peer-to-peer, gestita da smart contract e dalla blockchain. Tuttavia, la decentralizzazione e la blockchain potrebbero essere applicate a qualsiasi settore, non solo a quello delle criptovalute e del settore finanziario, ma a qualsiasi ambito che necessiti di uno scambio sicuro di dati e servizi peer-to-peer.
Un altro aspetto fondamentale del Web 3.0 è l’intelligenza artificiale, che già utilizziamo quotidianamente, ad esempio quando utilizziamo un motore di ricerca, quando usiamo il riconoscimento facciale dei nostri smartphone, o quando chiediamo informazioni a Siri o a qualsiasi altro assistente virtuale. Le applicazioni della decentralizzazione, della blockchain e dell’intelligenza artificiale sono praticamente infinite e possono essere applicate a qualsiasi settore, dall’industria ai trasporti, dall’alimentare e oltre.
Altri dispositivi che integrano l’intelligenza artificiale sono ad esempio le automobili, i droni, gli antifurto smart, le case domotiche. Fanno tutti parte di quello che viene chiamato Internet of Things (IoT). E’ comune sentire parlare di IoT e Web 3.0 come se fossero sinonimi, poiché il primo è la diretta applicazione del secondo.
La sfida principale che l’industria e la ricerca stanno affrontando in questo momento è rendere l’intelligenza artificiale capace di imparare autonomamente. Quando utilizziamo uno strumento per la traduzione automatica, ad esempio, l’intelligenza artificiale apprende dalle correzioni che noi apportiamo alle traduzioni. L’intervento umano permette all’intelligenza artificiale di acquisire informazioni e di migliorarsi, ma dobbiamo considerare che minore è l’intervento umano e maggiore è il grado di decentralizzazione dello strumento che stiamo utilizzando.
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Sia la blockchain che l’intelligenza artificiale implicano una grande quantità di dati da elaborare, grazie a algoritmi specifici e molto complessi. Questo ci porta a un punto importante dell’evoluzione del Web: la necessità di risolvere le problematiche legate alla gestione e all’elaborazione di enormi quantità di dati.
Dalla centralizzazione alla decentralizzazione
Un punto critico nell’evoluzione del Web è la necessità di elaborare enormi quantità di dati. Da qui nasce l’Edge Computing, un termine che indica l’elaborazione dei dati al “margine” della rete. Nonostante il nome possa sembrare sensazionalistico, si riferisce a un concetto già ben noto: i nostri smartphone e computer elaborano e processano continuamente dati che essi stessi generano.
Prima dell’avvento diffuso dei dispositivi smart connessi alla rete, ossia prima dell’Internet of Things (IoT), si parlava principalmente di Cloud Computing. Questo modello prevede l’esistenza di un unico fornitore di servizi cloud, a cui tutti i dispositivi sono connessi, e che si occupa di estrarre ed elaborare i dati in una struttura centralizzata.
L’Edge Computing, al contrario, rappresenta una struttura completamente decentralizzata, in cui l’elaborazione dei dati è affidata ai dispositivi stessi, alle estremità della rete. Questo approccio velocizza i tempi di elaborazione dei dati e bypassa i problemi che possono sorgere quando il sistema centrale è offline, proprio perché l’elaborazione è affidata alle estremità della rete.
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Quale sarà il destino del Web 3.0? Non è possibile prevederlo con certezza. Tuttavia, è indubbio che la direzione intrapresa, quella della decentralizzazione, è promettente.
Conclusione
Dalla sua nascita negli anni ’60 ad oggi, internet si è evoluta da mezzo di comunicazione militare a strumento fondamentale nella vita di tutti i giorni. Questa rivoluzione ha portato enormi vantaggi, ma anche diversi rischi, legati soprattutto alla centralizzazione nelle mani di pochi giganti del web.
Il passaggio al web 3.0 sembra poter rimediare a queste storture, grazie a decentralizzazione, blockchain e intelligenza artificiale applicate a ogni campo. Ma l’uomo riuscirà davvero a dominare queste tecnologie, o sarà dominato? Forse solo il tempo ce lo dirà.