Google Maps è uno strumento che ormai fa parte della quotidianità di miliardi di persone in tutto il mondo. Ma come fa a dirti sempre con precisione millimetrica dove c’è traffico e quanto tempo impiegherai ad arrivare a destinazione? Dietro l’apparente semplicità dell’interfaccia utente si nascondono tecnologie all’avanguardia basate su Big Data e Intelligenza Artificiale.
Se vuoi scoprire come Google è in grado di prevedere in anticipo gli ingorghi stradali e offrirti il percorso più “green” per raggiungere la tua meta, continua a leggere. Ti sveleremo alcuni degli segreti meglio custoditi dal colosso di Mountain View.
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Come Google Maps utilizza l’apprendimento automatico per il traffico in tempo reale e l’itinerario migliore
Focalizzando l’attenzione sulla straordinaria capacità del noto strumento di geolocalizzazione, Google Maps, esploreremo gli intricati meccanismi che permangono dietro la rilevazione del traffico in tempo reale e la calibrazione del miglior itinerario. La base di tutto ciò sono prevalentemente una serie di accuratamente progettati algoritmi. Ma cosa accade esattamente quando ci si imbatte in un’indicazione di traffico, distinta in rosso sulle proprie mappe? Quali segreti si celano dietro questi brevi, ma significativi, avvisi?
L’uso massivo di Google Maps da parte di milioni di utenti contemporanei fornisce al sistema un flusso consistente di dati, che vengono identificati come dati aggregati sulla posizione. Questi dati, raccolti dai telefoni degli utenti che si trovano in un’area specifica, non comportano solo simili coordinate, ma un insieme di informazioni relative agli spostamenti e alle velocità di tali spostamenti. È, quindi, intuibile come la presenza di numerose posizioni statiche, in un dato momento e luogo, indichi un’interruzione nel traffico. Un algoritmo all’interno del sistema accresce tale informazione, colorando la zona di rosso sulla mappa.
Ma non è tutto un gioco di colori. Le aree blu, arancioni e rosse rappresentano una precisa sintesi delle reportistiche delle condizioni di viaggio degli utenti che stanno attraversando quell’area in quel momento. Per semplicità, il blu indica un flusso scorrevole, l’arancione la presenza di rallentamenti e il rosso l’intasamento.
Google Maps, inoltre, oltre ai dati real time adotta un meccanismo previsionale, basandosi sui dati storici che raccolgono le tendenze del traffico lungo un itinerario specifico nel corso del tempo. Con un immenso archivio di dati a disposizione, il sistema è in grado di avere una visione chiara delle variazioni della media della velocità di viaggio nel corso della giornata. Ad esempio, si può sapere che su una determinata strada, in un preciso orario, la velocità media tende a essere di un certo valore. Queste informazioni si uniscono ai dati in tempo reale generando così delle previsioni sugli itinerari di viaggio.
Attraverso una perfetta simbiosi tra lo studio di dati storici e reali, Google lavora continuamente per affinare l’accuratezza delle previsioni relative al traffico, sfruttando anche l’intelligenza artificiale. Potrebbe sembrare incredibile o quasi surreale, ma rappresenta il risultato dell’avvento delle moderne tecnologie e della crescente necessità di trovare soluzioni efficaci per la gestione del traffico in tempo reale.
Nei centri urbani come Berlino, Sydney, Tokyo e Washington, è già operativo un sistema di apprendimento automatizzato noto come “Graph Networks”. Questo strumento consente a Google Maps di sfruttare dati strutturati in maniera flessibile ed efficiente, prevedendo possibili rallentamenti lungo l’itinerario prima che questi si verifichino.
Una nota interessante riguarda la precisione delle previsioni di Google Maps in Italia: il tempo di arrivo stimato risulta preciso nel 97% delle occasioni, un dato straordinariamente elevato.
Google Street View e la mappatura dei luoghi

La funzione di Street View di Google Maps permette inoltre agli utenti di visualizzare immagini panoramiche di numerosi luoghi. La raccolta di tali immagini può essere un processo laborioso e lungo, che in qualche caso può richiedere anche diverse settimane. La task è principalmente delegata alla famosa flotta di veicoli di Google, ciascuno dei quali è dotato di nove telecamere in grado di catturare continuamente immagini ad alta risoluzione da diverse angolazioni.
Queste telecamere sono progettate per resistere a una vasta gamma di condizioni climatiche, considerando che dovranno operare in ogni angolo del pianeta. Ma cosa accade quando ci sono aree irraggiungibili per questi veicoli? A questo scopo è stato sviluppato il “Trekker”, uno zaino speciale dotato di un dispositivo con 15 obiettivi, in grado di raccogliere immagini in luoghi difficilmente accessibili con un veicolo, come i sentieri del Grand Canyon National Park in Arizona.
In 12 anni di attività, le Google Car e i Trekker hanno accumulato oltre 170 miliardi di immagini, mappando oltre 220 paesi e territori.
Ma quali sono le differenze rispetto a Google Earth? Quest’ultimo è un software che utilizza immagini aeree e satellitari, così come informazioni topografiche e batimetriche. Google Earth quindi offre una visione tridimensionale e completa del pianeta, differente da quella offerta da Google Maps.
Recentemente è emerso un ulteriore elemento di interesse riguardante una nuova funzionalità chiamata “Eco-route”. Questa funzionalità consente agli utenti di scegliere l’itinerario più sostenibile tra quelli proposti.
Oltre alle consuete informazioni di viabilità e ai tempi di percorrenza previsti, sarà possibile confrontare le percentuali di carburante risparmiato a seconda del percorso scelto. Google prevede che, con l’implementazione di questa funzionalità, si potrebbe giungere a risparmiare fino a un milione di tonnellate di emissioni, equivalenti a circa 200.000 automobili in meno sulla strada.
Nonostante queste quantità non suonino come enormi, ogni piccolo passo verso un futuro più sostenibile conta.
Altri strumenti Google: Google Earth e Google Earth Studio
È noto come Google Earth permetta l’importazione dei cosiddetti dati GIS, informazioni legate a specifici punti del pianeta. Questa caratteristica ne amplifica l’applicabilità, consentendo ad esempio la visualizzazione di pozzi di trivellazione in Italia o di faglie, a patto di disporre dei corretti file KMZ o KML.
Questi file possono essere facilmente trovati online, scaricati e importati in Google Earth. In questo modo, è possibile aggiungere particolari elementi al globo terrestre visualizzato dal software.
Google Earth ha inoltre introdotto nel 2017 la funzione “Timelapse”, che permette agli utenti di osservare l’evolversi del pianeta nel tempo. Tale funzionalità fa uso di 24 milioni di immagini satellitari catturate progressivamente nell’arco degli ultimi 37 anni. L’obiettivo è la creazione di una visualizzazione dinamica delle trasformazioni subite dal mondo, tanto nelle aree urbane quanto in quelle naturali.
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Ma l’offerta di Google non si esaurisce qui. È disponibile infatti Google Earth Studio, uno strumento utilizzabile per produrre animazioni di alta qualità a partire dagli elementi su Google Earth. È pertanto possibile creare video che incapsulano le informazioni geospaziali offerte da Google Earth, personalizzando la prospettiva, l’orario e il movimento della “telecamera”.
Conclusione
Google Maps è uno strumento non solo di grandissima utilità, ma anche di straordinaria complessità. Dietro l’apparente semplicità dell’interfaccia grafica si nasconde un enorme lavoro di raccolta ed elaborazione di dati, che rende possibile la visualizzazione e predizione accurata del traffico. L’intelligenza artificiale utilizzata da Google per analizzare ed incrociare i dati in tempo reale e storici è davvero impressionante.
Google Earth e Google Earth Studio poi ci permettono di osservare il cambiamento del nostro pianeta attraverso milioni di immagini satellitari. Uno strumento fondamentale per monitorare l’evoluzione degli ecosistemi e comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici. A questo proposito, la nuova funzionalità Eco-friendly di Google Maps, nel suggerire percorsi più sostenibili, non potrà che aiutarci a ridurre le emissioni di CO2 responsabili del surriscaldamento globale. Ci domandiamo però: basterà?